Se l'arte va in onda



In quanti modi si può raffigurare un’onda? Si può vedere di lato, alla Hokusai, di fronte, alla Monet, da dentro, alla Aivazovsky. E poi?
Poi dipende da cosa significa quell’onda. Se è uno spettacolo potente, se è un subbuglio che ribolle. Può essere da sola o con le sorelle. Può essere ancora lontana dalla riva o arrivata a frangersi sugli scogli. Ogni onda è un racconto, che finisce là dove finisce il mare.
Frederick Judd Waugh onda 1908
Ma non è un racconto antico. L’onda, come sola protagonista della scena, non appare prima del Romanticismo, all’inizio dell’Ottocento. Perché è in quel momento che l’uomo comincia a sentire profondamente le forze della natura. Fino ad allora si era illuso di poter controllare il mondo e piegarlo a sua immagine e somiglianza (illusione che abbiamo ancora e di cui paghiamo le conseguenze) e relegava il mare a sfondo delle sue azioni.
C’è giusto qualche sorprendente anticipo come Marco Ricci, che in piena età barocca dipinge alcune barche tra i flutti. Ma, appunto, ci sono le barche. L’onda è funzionale alla dimostrazione dell’eroismo dei pescatori.
Marco Ricci, onda 1715
Per altro le barche nella tempesta le aveva fatte già Pieter Bruegel il Vecchio nel 1569.
Pieter Bruegel il Vecchio, onda 1569
Credo che le prime onde sole, senza imbarcazioni, siano dovute al solito William Turner, un anticipatore di tutto l’anticipabile. Dai primi anni dell’Ottocento si dedica alle onde per oltre quarant’anni.
Le dipinge ad olio e ad acquerello, con pochi tratti, con trasparenze, con l’acqua nebulizzata dagli schizzi. Talmente eterei e sintetici che se non avessero il titolo li scambieresti per quadri astratti.
William Turner onde
Certo la presenza di una nave dà la misura dell’onda. Senza le barchette dei pescatori come potremmo dire quant’è alta la Grande Onda di Hokusai?
Katsushika Hokusai onda
Hokusai spirale aurea ondaMessa accanto a Turner è di una distanza impressionante. Eppure è degli stessi anni (era una delle 36 vedute del monte Fuji realizzate tra il 1826 e il 1833) ed è enormemente più famosa. Perché, come ho scritto a proposito delle icone, ha una struttura semplice, riconoscibile e colori squillanti.
Qualcuno ci ha trovato dentro anche la struttura della spirale aurea (e in effetti molte linee coincidono in modo sorprendente), ma non sono sicura che quella proporzione appartenga anche alle culture artistiche orientali.
Di sicuro quello stile resta inimitabile. Un’onda così grafica, che sembra anticipare di settant’anni l’Art Nouveau, si ritroverà poche volte. Forse in Gauguin, che dalle stampe giapponesi prendeva ispirazione.
Paul Gauguin onda
E poi in Christopher Richard Wynne Nevinson, con le sue onde che sembrano pettinate o spalmate col coltello.
Nevinson onda
E poi nell’immancabile Escher.
Escher onde
Ma torniamo indietro e andiamo in ordine.
Dopo Turner è il turno di Gustave Courbet. Proprio lui, quello dell’Origine del mondo. Oltre a spaccapietre e fanciulle addormentate era un vero appassionato di marine. E all’onda ha dedicato più di un dipinto. Questa ve l’ho fatta vedere durante la mia passeggiata allo Staedel Museum di Francoforte.

Ma negli stessi anni ne fa tante altre, per lo più con la stessa impostazione. Si direbbe un romanticista tardivo. Per lui le onde sono gonfie e pesanti, torbide, cupe.

Nel frattempo in Norvegia Peder Balke realizza alcuni dipinti sorprendenti. L’onda è fatta da una sola larga pennellata. Il colore, unico per tutto il dipinto, è acqua e notte. Sembra di stare sul bordo di un maelstrom, il vortice che risucchia navi e persone. Potrebbero illustrare perfettamente il racconto di Edgar Allan Poe, a maggior ragione che c’è pure una minuscola vela.
Balke onda
A proposito di illustrazioni, nel 1866 uscivano quelle di Gustave Dorè per La Ballata del vecchio Marinaio di Coleridge. Quella con la nave dentro la tempesta è un potente ribollir di onde che viene quasi il mal di mare se la guardi troppo a lungo! (cliccate sull’immagine per vederla meglio)
Dorè onda
Qualche anno dopo, un altro mare gonfio di cavalloni è al centro di un dipinto di John Singer Sargent. Sono onde oceaniche, alte, vigorose. Attraversarle mette un’inquietudine continua.
Sargent onda
Ma siamo già in pieno Impressionismo. Adesso il mare non spaventa più. Quello di Renoir è tutto scrosci e schiuma.
Renoir onde
Per non parlare delle onde di Monet: dei riccioletti luminosi sotto un cielo sereno. D’altra parte l’Impressionismo era soprattutto questo: cogliere armonie di luce e colore.
Monet onda
Poi è la volta del Pointillisme. Ma la certosina tecnica puntinista non è certo la più adatta a raffigurare raffiche e marosi. Quelle di Maximilien Luce, infatti, sono delle lente ondulazioni che accarezzano la spiaggia.
Luce onda
La sequenza di onde in prospettiva è una novità interessante. Negli stessi anni la ripropone anche il russo Efim Volkov
Volkov onde
… e poi anche Munch, con esiti tutt’altro che rasserenanti.
Munch onde
Per van Gogh, invece, le onde sono quasi frontali e sempre accompagnate da barche a vela. Evidentemente il mare da solo non era nelle sue corde. D’altra parte la sua onda più bella non è fatta d’acqua ma è quella creata con pennellate di blu nel cielo della notte stellata…
van Gogh onde
E poi c’è lui, il maestro dell’acqua traslucente. Un iperrealista ante litteram. Quello che ti lascia con la bocca aperta. Ivan Aivazovsky.
Aivazovsky onda
Tanto virtuosismo. Confesso che  non ci impazzisco. Così come non amo quei contemporanei che impazzano sul web facendo anche loro onde e schiume fotografiche.
A me piace l’arte che sublima la realtà. La ricrea col suo linguaggio. Se devo vedere un mare identico al mare… beh me ne vado in spiaggia e mi godo quello vero!
Per fortuna c’è  Winslow Homer che le onde le sa evocare bene. Lo schiaffo dell’acqua sugli scogli te lo fa sentire addosso con poche pennellate.
Homer onda
E poi George Bellow con delle onde che sembrano dense mentre il colore smeraldo aggiunge al tutto un tono glaciale.
Bellow onda
Le onde di Sorolla, invece, sono più soffici. Ma quando si arrabbiano è meglio guardarle da lontano, o solcarle in barca a vela.
Sorolla onde
Negli stessi anni – siamo ai primi del Novecento – le onde assumono sembianze anche molto diverse. Con l’Art Nouveau diventano pura linea, col suo tipico andamento sinuoso.
Art Nouveau onde
Con Georgia O’Keeffe diventano semplice essenza cromatica. Silenziose e spettrali.
O'Keeffe onda
Intanto Georges Lacombe introduce dei colori nuovi, com’è tipico dei simbolisti.
Lacombe onda
E prepara la strada alle onde più espressioniste della storia dell’arte. Quelle di Emil Nolde. Che più che onde sono allucinazioni allo stato liquido…
Nolde onde
Ma torniamo per un attimo al Giappone con la fotografia. Quella di Kentaro Nakamura del 1927, ferma un’onda che attraversa l’immagine in diagonale e pare disegnata linea per linea con un’eleganza tutta orientale.
Nakamura onda
Sembrerebbe aver ispirato la splendida serie di scatti di David Orias.
David Orias onde
D’altra parte la fotografia, con le onde, si è sbizzarrita. In pochi decenni ne ha mostrato ogni aspetto esplorato in passato dai pittori: la potenza, la geometria, il ritmo, la dimensione.
fotografie di onde
Eppure c’è chi continua a dipingerle. Gerard Richter, autore di opere astratte-astratte, ha dedicato negli anni Sessanta  molte tele alle onde marine. Buie, notturne, a volte con l’acqua al posto del cielo. Ti dicono che da un momento all’altro succederà qualcosa.
Gerard Richter onde
Ultime, e più grafiche, sono le onde di Shepard Fairey, l’artista del famoso ritratto di Obama in rosso e blu. Echi di Hokusai e di Escher, forse. Ma anche molto pop, tanto da finire pure sui muri della città di Jersey City.
Fairey onda
Segni, curve, due soli colori. Tutte molto astratte. Come erano astratte quelle di Turner. Ma forse è l’onda in sé che è qualcosa di astratto. Perché è una forma imprevedibile, casuale. È la forma che una massa liquida assume nell’aria. E ci stupisce perché sfida le nostre esperienze: sappiamo tutti che i liquidi non hanno forma, ma assumono quella del loro contenitore.
Allora è per questo che le onde continuano ad incantarci come bambini: hanno la forma dell’impossibile e la bellezza dell’immaginario.

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